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Nuovi scenari per leader ed organizzazioni: ecco i cambiamenti che la digital transformation impone alle risorse umane
Mai come in questo periodo, il “panta rei” Eracliteo trova conferma nell’esperienza di vita di ciascuno. Se il filosofo greco poteva osservare i mutamenti della natura, le varie fasi della vita umana e animale, lo scorrere dei fiumi, l’avanzare e il ritrarsi delle maree, l’uomo contemporaneo si trova immerso in una rivoluzione tecnologica senza pari nella storia per rapidità, pervasività e impatto sociale.
Il mondo del lavoro non fa eccezione. Il report The future of the jobs 2018 del World Economic Forum (WEF, 2018) dipinge uno scenario che ci pone davanti alla necessità di modificare radicalmente il nostro approccio alla selezione e gestione delle risorse umane. Si stimano circa 7 milioni posti di lavoro in fumo, a fronte della creazione di 2 milioni di nuovi posti. Ove con nuovi si intendono anche profili che ad oggi non esistono e che nel breve e medio periodo nasceranno e inizieranno ad evolversi.
L’innovazione procuerà disoccupazione?
Quando si parla di intelligenza artificiale e di robotica come causa dei futuri posti di lavoro bruciati, si tende a pensare che siano a rischio solo le attività a basso contributo intellettuale. Gli scenaristi invece ci mettono in guardia. Si ipotizza che entro il 2030 servirà il 38% in meno di medici (Hult business school, lecture “The new models of leadership”, maggio 2019). Questa ipotesi merita un approfondimento: la stima è connessa principalmente all’abbattimento dei tempi diagnostici legato all’uso progressivamente più intensivo dell’intelligenza artificiale e all’accuratezza crescente dell’imaging diagnostico e della diagnostica di laboratorio, settore – quest’ultimo – peraltro già ad elevatissima automazione.
Secondo l’ipotesi precedentemente descritta, in assenza di politiche del lavoro istituzionali e aziendali l’innovazione sarebbe responsabile di un’esplosione della disoccupazione, con conseguente crescita della diseguaglianza e dell’instabilità sociale. Per scongiurare questo rischio è di fondamentale importanza che le imprese sostengano proattivamente il processo di formazione continua del proprio personale, con un radicale cambio di prospettiva rispetto a quanto fatto in precedenza: le persone devono imparare a disimparare per poi apprendere nuove skills.
Le competenze di digital mindset
Ci troviamo dunque in un contesto che richiede un nuovo approccio sia a livello di strategia di impresa sia a livello individuale: il mondo del presente e del prossimo futuro richiedono di lavorare sul digital mindset (qui il nostro approfondimento). A ciascun ruolo corrispondono abilità specifiche differenti con il comune denominatore della capacità di apprendimento e flessibilità.
Emanuele Mangiacotti della LUISS Business School di Roma ha teorizzato, partendo anche dagli studi sul mindset sviluppati da Carol Dweck, alcuni fattori chiave del digital mindset:
- capacità di esplorazione
- capacità di crescita
- agilità di cambiamento
- agilità di apprendimento
- approccio collaborativo
- apertura alla diversità
- aggiornamento sulle innovazioni.
Il modello di competenze proposto Carol Dweck deve però tradursi in esperienze concrete, poiché il nostro processo decisionale e il nostro mindset sono plasmati dalle esperienze.
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Il focus è quindi su umanissime (e umanistiche) abilità traversali che non sono prerogativa del mondo STEM. La sfida del prossimo decennio è quindi iniziare a riflettere sull’interazione efficace e virtuosa tra le risorse umane, la tecnologia e l’AI, dal punto di vista operativo, etico e normativo. Una sfida alla quale individui, aziende e istituzioni devono prontamente rispondere per non essere travolti dall’onda digitale.
La leadership diventa network leadership
La leadership direttiva e gerarchica non è più funzionale a questa nuova realtà. La network leadership è prerequisito per affrontare la sfida digitale e per la gestione efficace di team eterogenei, a distanza, che lavorano per progetti/obiettivi, dinamici e soggetti a turnover (ogni progetto ha obiettivi e attori differenti). Poiché la delega diviene strumento irrinunciabile per gestire efficacemente il cambiamento, la fiducia tra le persone e il coinvolgimento delle stesse sono alla base della network leadership. Per osservare costellazioni e non stelle bisogna spostare il punto di osservazione dalle metriche di impatto a livello organizzativo a quelle di rete, in modo da sviluppare sistemi di responsabilità chiari.
Come afferma uno studio pubblicato qualche anno fa da Gartner (all’epoca CEB), i leader di oggi affrontano la sfida di divenire dei leader che investono tempo, sforzi e competenze per stimolare e costruire reti sociali all’interno e all’esterno dell’organizzazione. La rivoluzione digitale, accanto ad un nuovo mindset ed un rinnovato set di competenze, richiede al leader di abbandonare l’approccio verticale e di sviluppare la propria capacità di potenziare il valore di chi ci sta accanto, influenzando indirettamente il loro modo di lavorare insieme. In questa dimensione valori comuni e fiducia diventano fattore critico di successo di un team di lavoro.
L’impatto dei cambiamenti in HR
Nuovo contesto, nuovi paradigmi di leadership e rete: in che modo questo cambiamento ha a che fare con la funzione HR?
La funzione HR è coinvolta sul piano operativo, etico, maieutico. Essere leader e responsabili del lavoro altrui riguarda non più solo le risorse umane in senso stretto, ma un network di persone, intelligenze artificiali, oggetti reali e virtuali: milioni e milioni di soggetti che si scambiano dati e creano relazioni. La connessione non è più solo tra le persone, ma anche gli oggetti possono accedere alla rete e dialogare tra loro (Internet of Things). Le relazioni persona-cosa (es. wearable), persona-chatbot, cosa-cosa, che generano una notevole quantità di dati, fonte della nuova ricchezza, che vanno elaborati, correlati e interpretati. Sempre più frequentemente l’attenzione sarà sulle costellazioni, non sulle stelle più luminose: il team ibrido uomo/AI/Internet of Things, non l’individuo, umano o artificiale che sia.
Carl Schwab ha definito la quarta rivoluzione industriale come “una rivoluzione tecnologica che sta confondendo i confini tra la sfera fisica, digitale e biologica». La digital transformation ha quindi molto a che fare con la filosofia, oltre che con il mondo dell’HiTech.
Le sfide della funzione HR: visione, competenze e innovazione
Per esplorare con successo questo spazio è necessario avere un mindset orientato al superamento di regole note. Anche la Commissione Europea ha fornito una chiave di lettura di questa rivoluzione industriale, collegando leadership e mondo High-Tech e definendo le skill chiave del leader digitale:
- avere visione strategica, per guidare i collaboratori e facilitare il processo di trasformazione digitale;
- essere consapevole dei modelli di business, organizzativi e operativi, emergenti dal processo di trasformazione digitale;
- essere consapevole delle opportunità offerte da trend e innovazione tecnologica
La consapevolezza e la visione devono essere orientate alla contaminazione dei team di lavoro: la gestione dei collaboratori, la comunicazione del team, la condivisione documentale sono realizzati con strumenti digitali e con un approccio nuovo al processo di lavoro. Il leader digitale deve necessariamente essere un network leader.
La funzione HR in questo contesto deve tenere presenti le dimensioni che concorrono al cambiamento:
- quella interna alla funzione (es. app per gestione presenze e comunicazioni, e-learning, tool cooperativi, gestionali HR cloud based…)
- quella esterna, relativa alla digitalizzazione in senso lato (in azienda, ma soprattutto nell’esperienza di vita del lavoratore).
La seconda dimensione richiede l’attivazione in seno ai dipartimenti HR di un laboratorio costante delle idee e l’apertura a soluzioni innovative. Non si possono risolvere nuovi problemi con risposte obsolete.
Non si possono osservare costellazioni dal buco della serratura.
Mi occupo di Formazione aziendale e Sviluppo Organizzativo dal 2015 presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, azienda certificata Top Employers 2018, 2019 e 2020, dopo aver spaziato su ambiti tanto differenti quanto stimolanti per oltre 25 anni (ebbene sì, sono una multipotentialite).
La formazione e lo sviluppo organizzativo sono driver importanti per la gestione del cambiamento, un cambiamento che riguarda tutte le aziende del terzo millennio, ma riguarda ancora di più il settore sanitario, visto il particolare contesto istituzionale di riferimento: conoscere la storia di un’azienda e saper guardare al futuro rappresentano fattori critici di successo per il change management.
Grazie al mio percorso di carriera e alla propensione all’adattabilità riesco ad esprimermi sia in ambienti formali sia in contesti informali, prediligendo questi ultimi.
Il mio motto: “gnothi sauton”.